Mettiamo subito in chiaro le cose: non daremo nessuna ricetta. Ogni famiglia per Pastiera e Casatiello segue la propria, ognuno di noi è cresciuto guardando la nonna impastare e preparare i due piatti più famosi della Pasqua nostrana, per cui, senza voler dire la nostra su altezza, ingredienti, cottura del grano, salumi di farcitura, tempi di levitazione e altri dettagli che causano polemiche sul web, preferiamo soffermarci su come viviamo noi la preparazione di questi due capolavori storici della nostra tradizione.
Se proprio volete la ricetta ci sono sicuramente cuochi o aspiranti tali più adatti a fornirvela, noi vi consigliamo di dare un’occhiata al blog di un’amica, Marinella Petrarca di Un biscotto per Due.
Nella nostra famiglia papà è una sorta di custode della tradizione, ha uno scaffale di libri interamente dedicato alla cucina Napoletana e Campana, incrocia ricette e voci di popolo, cerca la storia dei prodotti e prova a raccontarla ai bambini che puntualmente scappano, ma si interessano a qualche dettaglio e curiosità.




La Pastiera, due millenni di storia
La pastiera per uno come papà è una sorta di totem, ha una storia che da sola basterebbe a riempire un libro di più volumi: il simbolismo degli ingredienti principali, l’utilizzo del grano a chicchi interi, cosa totalmente insolita per tutta la pasticceria campana o italiana, tutti richiami a culti di fertilità pagani che si sono mescolati prima alla cultura greca poi a quella romana rendono questo dolce una sorta di trattato di antropologia commestibile.
La prima ricetta di pastiera, anche se non con questo nome, è stata riportata addirittura da Catone nel De Re Rustica nel II Sec. a.C., la preparazione chiamata Puls Punica ha tutti gli ingredienti base del ripieno della pastiera moderna. Devono però passare circa quindici secoli per trovare la prima traccia della parola “Pastiera” riportata in una poesia di Sannazzaro.
Fra le ricette nei secoli se ne trovano diverse versioni, sia dolci che salate, con riso, farro o grano, addirittura nel Sannio se ne trovano versioni con la pasta. Con cedri, pistacchi, scorzette, zucca caramellata, ma di base hanno tutte una serie di fattori comuni: pasta frolla (tradizionalmente fatta con lo strutto), grano cotto, uova, zucchero e ricotta, e sulla base di questi capisaldi ogni famiglia ha sviluppato la sua tradizionale ricetta, alta e zucosa, bassa e asciutta, marroncino cannella o giallo uovo… ogni napoletano che si rispetti ha la sua buonissima, saporitissima e soprattutto riconoscibilissima pastiera.
Quest’anno per Alice è stato addirittura un compito in classe, le maestre le hanno assegnato un testo sulla pastiera che l’ha incuriosita e così come ogni anno ha partecipato con mamma a cotture, impasti e filtraggi. Giacomo partecipa meno, compare ogni tanto per assaggiare e assicurarsi che tutti i prodotti siano buoni.



Il Casatiello, passione di famiglia
Papà come sempre sui dolci non mette mano, tutto quel pesare, calcolare e misurare non fa per lui, lui si dedica al casatiello che permette un lavoro, come dice lui, “di sentimento“. Impasta rigorosamente a mano per sentire l’assorbimento della sugna e metterne il più possibile, deve assaggiare costantemente l’impasto perché fra pecorino, pepe e salumi non sia troppo salato. I salumi li sceglie ad uno ad uno con rigorosi assaggi cui partecipano sempre molto volentieri anche Giacomo e Alice.
La farcitura del casatiello diventa poi un momento di famiglia, una volta stesa la pettola di pasta ci si riunisce intorno ed è una pioggia di salumi e formaggi, lotta per chi deve macinare il pepe e per chi deve fare la pioggia di pecorino, ovviamente una piccola parte del ripieno non arriva al casatiello perché viene mangiato nel viaggio che va dal tagliere alla pettola.
Finite le preparazioni e le cotture viene il momento più difficile: l’attesa. Bisogna aspettare il momento giusto per mangiarli! La cena del sabato santo con il casatiello e la colazione di Pasqua per la pastiera sono il momento per scoprire i difetti e commentare, “Quest’anno è un poco ammazzaruto“, “L’anno scorso la frolla ti è venuta meglio“, il “Prossimo anno uso la farina di due anni fa” ma, fatto sta, che alla fine non avanza mai niente!